Abolizione totale dell’Imu sulla prima casa, ad eccezione delle abitazioni di lusso; riduzione dell’Imu sulla prima casa e sugli immobili strumentali delle aziende, come capannoni, negozi e terreni; rimodulazione dell’imposta sulla prima casa per ridurre il prelievo sui redditi medio-bassi; aumentare la franchigia da 200 a 500-600 euro, esentando così dal pagamento oltre l’80% dei contribuenti; o una service tax che comprenda Tares ed Imu insieme. Sono queste le diverse ipotesi allo studio per una nuova riforma dell’Imu che dovrebbe arrivare domani, mercoledì 28 agosto, in Consiglio dei Ministri.

 

In preparazione del prossimo Consiglio dei Ministri, ieri, si è svolto l’ennesimo incontro a Palazzo Chigi per discutere su come superare la questione Imu sulla prima casa nell’ambito della complessiva riforma della tassazione immobiliare. Protagonisti dell’incontro il presidente del Consiglio, Enrico Letta, i ministri dell’Interno, Angelino Alfano, dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e degli Affari regionali, e Graziano Delrio.

 

Al termine dell’incontro, nessuno si è sbilanciato, solo qualche indiscrezione. Alfano si è mostrato ottimista, dichiarando su Twitter la sua propensione a “farcela”, mentre secondo Delrio bisogna ancora valutare le opzioni percorribili. Nel frattempo, i due schieramenti politici continuano a mantenere le proprie posizioni. Il Pdl chiede di rendere esenti dal versamento dell’imposta tutte le abitazioni principali con l’eccezione di ville, castelli e immobili di lusso, il Pd, invece, è per una ipotesi che tagli l’Imu sulla prima casa per il 70% dei contribuenti.

 

In questo braccio di ferro che sta assumendo caratteri più politici che economici, l’ appuntamento decisivo sarà quello di domani, giornata durante la quale bisognerà affrontare la tassa sugli immobili, considerando che da mesi ormai il premier Letta ribadisce che il tempo limite entro cui formulare una nuova riforma è fissato al 31 agosto.

 

Abolire in toto l’Imu sulle prime case, come paventato da sempre dal Pdl, potrebbe essere la scelta più facilmente attuabile. Se venisse attuata questa ipotesi, ne godrebbero i redditi più alti e non si rispetterebbe il principio di equità, inoltre costerebbe allo Stato circa 4 miliardi a fronte di un risparmio medio di 227 euro per i contribuenti.

 

Seconda ipotesi, la detrazione in base all’Isee di 600 euro rispetto ai 200 attuali, sostitutiva rispetto ai 50 euro per figlio e decrescente alla crescita dell’indicatore, misura che permetterebbe effettivamente una modulazione dell’imposta sulla base della reale situazione reddituale e patrimoniale.

 

Sulla rimodulazione selettiva per l’esenzione dell’Imu sulla prima casa sarebbero poi diversi i parametri da considerare: in funzione dell’immobile, della condizione economica del proprietario, della condizione economica del nucleo familiare, misurata attraverso l’Isee, a favore dei soggetti in condizione di disagio economico, tramite applicazione dei valori Omi per la determinazione della base imponibile Imu.

 

A seconda dei parametri costerebbe da 1 a 2,3 miliardi. Allo studio anche l’introduzione di una service tax che comprenda anche la Tares e venga versata anche dagli inquilini, con alcuni correttivi in base al reddito e al nucleo familiare, operazione che avrebbe un gettito complessivo di 4,3 miliardi.