Il decreto legislativo 23/2011 prevedeva la possibilità per gli inquilini di denunciare i propri padroni di casa che affittavano in nero; l’inquilino, in seguito alla denuncia, poteva registrare autonomamente il contratto di locazione presso un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate e godere di un canone di circa il 70-80 per cento inferiore a quello di mercato, ovvero pari al triplo della rendita catastale dell’abitazione.
La denuncia, con gli annessi benefici, poteva scattare laddove il contratto non fosse stato registrato entro 30 giorni dalla firma, quando era stato registrato con un canone inferiore a quello reale o quando era stato registrato un finto comodato gratuito. Contestualmente, la legge prevedeva per i padroni di casa super-sanzioni.
Ebbene, la Corte costituzionale, con sentenza 50/2014, ha dichiarato illegittimi i commi 8 e 9 dell’art.3 del suddetto decreto. Di conseguenza, i contratti registrati dagli inquilini dopo il 6 giugno 2011 in seguito a denuncia sono nulli. Il padrone di casa, in teoria, potrà chiedere di liberare il locale. Sono nulle anche le super-sanzioni (ma restano in vigore le regole fiscali che comminano multe a chi affitta in nero).
Nel primo caso, la Consulta ha ritenuto che la norma ledesse il principio della libertà contrattuale delle parti; nel caso delle sanzioni, si è ravvisato un difetto di delega. Il parlamento, cioè, con una legge delega, aveva conferito al governo il compito di legiferare in materia di federalismo fiscale. Le super-sanzioni, evidentemente, con il federalismo non avevano nulla a che fare.