Fino a dodici miliardi di euro e otto società interessate. Con questa prima tranche di privatizzazioni, approvate dal Consiglio dei ministri, il Governo conta di abbattere il debito. Ma l’annuncio di Enrico Letta durante la conferenza stampa al termine del Consiglio, non ha raccolto consensi unanimi: il premier lo ha definito un intervento finalizzato alla riduzione del deficit, ma in molti hanno definito il provvedimento come una svendita dei gioielli di famiglia dell’Italia.

 

Ad essere interessate dal pacchetto privatizzazioni sono otto società partecipate dello Stato, tra cui Sace e Grandi Stazioni (fino al 60% della quota), Enav e Fincantieri (40%) ed Eni, con una cessione del 3%.

 

Secondo le stime del Governo, questo primo pacchetto di privatizzazioni dovrebbe generare introiti di importo compreso tra i 10 e i 12 miliardi di euro. Nell’elenco figura anche la quota in Stm Holding NV, la scatola che controlla Stm, società italo-francese tra i principali produttori di chip al mondo. La holding detiene quasi il 28% di Stm per cui la partecipazione indiretta del Tesoro (che detiene il 50% della holding) vale quasi 800 milioni di euro.

 

I deputati del Pd, partito che comunque sostiene il governo Letta ha reagito duramente sostenendo che non si può procedere a svendite delle partecipazioni pubbliche che servono solo a fare cassa immediata, creando un danno per le future generazioni e i conti pubblici dei prossimi anni.