La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2015 della Sez. Lavoro ha chiarito la natura e la portata di una tipologia di contratto chiave sul quale si sta riflettendo tra le parti sociali nel confronto sulla riforma del diritto del lavoro.
La Corte riporta il caso di una lavoratrice che aveva sostenuto di essere stata inquadrata dal 19 novembre 1999 con contratto di apprendista e di essere stata poi licenziata il 31 ottobre 2002 per il termine del contratto. La difesa ha sostenuto che l’impresa aveva dissimulato un rapporto di lavoro a tempo indeterminato e il recesso, di conseguenza doveva essere ritenuto ingiustificato.
La Corte ha però confermato la legittimità della condotta del datore di lavoro, chiarendo il senso del contratto di apprendistato alla luce del recentissimo intervento con il Dl n.167 del 2011.
L’apprendistato deve essere considerato un contratto di lavoro a tempo indeterminato con l’obiettivo di occupare e formare e i giovani, un canale privilegiato per l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani.
Ecco che diventa determinante “l’addestramento effettivo del lavoratore, finalizzato poi all’inserimento definitivo nel lavoro dell’impresa mediante l’acquisizione di una professionalità qualificata”.
La Cassazione ha sottolineato che fondamentale sono le concrete modalità di svolgimento del rapporto di lavoro, e sono invece irrilevanti aspetti formali come la qualificazione nominale del contratto o l’attestazione dell’avvenuto superamento della prova.
La Cassazione afferma poi che nel contratto di apprendistato come in quello di formazione e lavoro “l’attività formativa che è compresa nella causa negoziale è modulabile in relazione alla natura e alle caratteristiche delle mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere”. Può avere maggior o minore rilevanza a seconda che si tratti di un lavoro a elevato tasso di professionalità o di semplici prestazioni.
Resta fermo che la formazione deve esserci e deve essere adeguata all’obiettivo del contratto come porta d’ingresso al lavoro. La formazione può essere in itenere e e non per forza antecedente al lavoro.
I giudici concludono che la allegazione di una diversa durata del rapporto rispetto a quella che risulta dalla dichiarazione del lavoratore, è rimasta senza un’adeguata dimostrazione e, in particolare, che l’attività lavorativa è stata caratterizzata da un graduale e progressivo inserimento in mansioni qualificate con crescente conoscenza tecnica delle operazioni svolte. Nulla da dire neppure per lo svolgimento contemporaneo delle mansioni e della formazione teorico pratica.