Con l’eventuale applicazione della cedolare secca, solo i proprietari di immobili con livelli di reddito sopra i 28.000 euro godranno di significativi risparmi fiscali. Al di sotto di tale soglia, i benefici economici si ridurranno al lumicino, mentre nelle classi di reddito sotto i 15.000 €, l’applicazione della cedolare secca comporterà un aumento di imposta, oscillante tra i 65 e gli 87 €.
Sono queste le prime considerazioni emerse da una analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA di Mestre, sull’applicazione della cedolare secca in discussione oggi tra il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, e la Commissione Bicamerale sul Federalismo.
Con l’introduzione della cedolare secca, cambia la tassazione sugli affitti degli immobili che dovrebbe interessare i contratti di locazione riferiti al periodo di imposta 2011. Il condizionale è d’obbligo, in quanto il nuovo regime è previsto da uno schema di decreto legislativo del 4 agosto 2010 che, dopo i previsti pareri delle commissioni parlamentari, dovrà essere approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri.
La decisione presa in queste ore sembra prevedere una aliquota al 23% per i contratti a canone libero (con una detrazione del 3% per le famiglie degli inquilini con figli a carico), mentre per i contratti a canone concordato l’aliquota dovrebbe essere del 20%.
“A mio avviso – commenta Giuseppe Bortolussi della CGIA di Mestre – va mantenuta la cedolare secca con aliquota al 20% anche per i contratti a canone libero. Aumentare del 3% l’aliquota a carico dei locatari per devolverla agli inquilini con una detrazione Irpef di pari importo, rischia di essere un’operazione inutile. Infatti, c’è il pericolo che questa operazione non riservi agli inquilini nessun vantaggio economico. Infatti, è molto probabile che i proprietari recuperino questa maggiorazione di aliquota attraverso l’aumento del canone di affitto”.
Nella tabella seguente si è stimato l’impatto che questa misura avrà sui contratti a canone libero. Si tratta di una elaborazione che fornisce il quadro della situazione complessiva, con il limite che non si considera l’incidenza dei contratti a canone concordato.
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