Addio allo sconto in fattura sugli interventi di riqualificazione energetica ? Pare di sì e a vincere sono le piccole imprese, per il momento.
Ovvero quelle che dovevano anticipare, secondo le disposizioni introdotte qualche mese fa dal decreto crescita, i soldi ai committenti dei lavori edili.
Una decisione che aveva scatenato la preoccupazione di tantissime imprese del settore casa (elettricisti, idraulici, manutentori, edili, etc.) che non possono contare su una liquidità ingente, cosa, invece, che le grandi aziende dispongono con grande facilità. Una platea di imprese che a Mestre e Marghera è costituita da 700 unità che danno lavoro a 2.000 addetti.
Cosicchè, l’art. 10 del decreto crescita sull’ecobonus è stato abrogato dalla Commissione Bilancio del Senato martedì scorso.
“Una grande vittoria – commenta Giovanni Gomiero funzionario sindacale della CGIA – Siamo felicissimi di questo risultato, un bel regalo di Natale che ci giunge dopo aver denunciato nei mesi scorsi all’Antitrust e a tutti i parlamentari italiani che questa misura avrebbe penalizzato tantissime piccole imprese artigiane. Lo sconto in fattura, ovviamente, consentiva un vantaggio economico importante al cliente finale, ma distorceva il mercato favorendo le grandi aziende a svantaggio delle piccole realtà”.
Tuttavia, i poteri forti non hanno mollato la presa e proprio ieri sono tornati alla carica facendo approvare, sempre in Commissione Bilancio del Senato, un emendamento che reintroduce lo sconto in fattura solo per i lavori effettuati nelle aree comuni degli edifici condominiali per importi superiori a 200 mila euro.
“Come era prevedibile – conclude Gomiero – la partita è ancora lunga e tutta in salita. Tuttavia, se venisse confermata nella manovra di Bilancio la reintroduzione dello sconto in fattura per i lavori condominiali sopra i 200 mila euro, la stragrande maggioranza delle nostre aziende non sarebbe penalizzata. Bisogna tenere gli occhi aperti per evitare che la lobby delle grandi imprese torni alla carica e abbia il sopravvento”.
Le ragioni storiche della protesta della CGIA
La novità prevista dall’art. 10 del “Decreto crescita” ha stabilito che i privati, in alternativa alle detrazioni Irpef del 65 e del 50%, possono “girare” gli sgravi fiscali all’azienda a cui viene affidata l’opera. Certamente un volano per i privati e per l’intero settore della casa che in questo modo possono beneficiare di uno sconto del 50 % sull’opera finita. Il problema è che poi tocca all’impresa che ha eseguito i lavori incassare la metà del dovuto attraverso la compensazione dell’Irpef dovuta all’Erario entro i 5 anni successivi.
E’ evidente che chi è grande, pensiamo alle multiutility, può sostenere il meccanismo ma chi non dispone di liquidità, come la stragrande maggioranza delle aziende artigiane del settore edile e dell’installazione degli impianti, finisce per dover rinunciare alla commessa, non potendo sostenere, e anticipare, le spese dei materiali e della manodopera.
Per questo la CGIA nel luglio scorso inviato una nota all’Autorità del Garante e della Concorrenza del Mercato e a tutti i parlamentari italiani segnalando che questa nuova legge crea una discriminazione fra operatori economici concorrenti, avvantaggiando quelli di maggiori dimensioni ed elevata capacità finanziaria rischiando, conseguentemente, di distorcere le dinamiche del mercato, con l’effetto di restringere le possibilità di offerta per i consumatori finali.
LEGGI QUI LA LETTERA SPEDITA ALL’ANTITRUST