I poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi, insomma. E’ questo il trend che caratterizza i 34 Paesi dell’OCSE da prima dell’inizio della crisi economica. Squilibrio che inevitabilmente si è accentuato durante il periodo di recessione, aggravando le diseguaglianze sociali e colpendo le fasce più deboli.

 

Secondo i dati resi noti dall’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico, dal 2007 al 2010 lo squilibrio economico è cresciuto più che nei dodici anni precedenti. Gli Stati che stanno conoscendo un gap maggiore fra ricchi e poveri sono Messico, Cile, Turchia, Usa e Israele, mentre si conferma più equo il modello di Islanda, Slovenia, Norvegia e Danimarca.

 

Ma scopriamo la situazione in Italia:

– DISUGUAGLIANZA:

La disuguaglianza dei redditi tra le persone in età lavorativa è aumentata drasticamente nei primi anni Novanta e da allora è rimasta a un livello elevato, nonostante un leggero calo verso la fine del primo decennio degli anni duemila. La disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi OCSE, più elevata che in Spagna ma inferiore che in Portogallo e nel Regno Unito. Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4.877 euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Ottanta.

 

 

– IMPOSTE SUI REDDITI

Le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno un ruolo importante nella redistribuzione del reddito in Italia, riducendo la disuguaglianza di circa il 30% – la media OCSE è un quarto.

 

– LAVORO

Un ruolo maggiore del reddito da lavoro autonomo. L’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro: la loro quota sul totale dei redditi è aumentata del 10% dalla metà degli anni Ottanta e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi più alti, al contrario di molti altri Paesi OCSE.

I lavoratori meglio pagati lavorano più ore. In Italia la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori meglio e peggio retribuiti è aumentata, confermando l’andamento visto nella maggior parte dei Paesi OCSE. Dalla metà degli anni Ottanta, il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati è diminuito, passando da 1580 a 1440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati è diminuito, ma in minor misura, passando da 2170 a 2080 ore.