Tra i fattori che determinano maggiormente l’arretratezza del nostro sistema rispetto alle sfide imposte dalla crisi e dal cambiamento dell’economia globale, c’è, indubbiamente, il malfunzionamento della giustizia. Una triste circostanza, ormai nota da tempo e ora anche ufficializzata da uno studio del Fondo monetario internazionale.

 

L’organizzazione fa presente che la lentezza dei processi italiani, unita all’enorme numero di giudizi, fa sì che per giungere ad una decisione siano necessari 1.200 giorni, ovvero il triplo di quanto occorre a Germania, Francia e Spagna; abbiamo in arretrato circa 10 milioni di processi, metà dai quali sono di natura civile, mentre affinché un processo civile giunga di fronte alla Cassazione possono passare anche 8 anni, contro la media Ocse di 2 anni. Per una sentenza di bancarotta possono passare 12 anni e 7 anni è il tempo necessario perché una banca, in caso di fallimento, possa recuperare le garanzie.

 

Tutto ciò si ripercuote, anzitutto – chiarisce l’Fmi – sulla portata degli investimenti stranieri, che ammontano a un terzo della media Ue, il livello più basso. Inoltre, le lungaggini, la nebulosità della giurisprudenza e le incertezze sull’andamento delle controversie determinano parte dell’elevato costo de lavoro e costringono le nostre imprese a restare sottodimensionate.