Diverse le idee che concorrono a creare incertezza tra gli italiani sul tema Imu. Tra le diverse soluzioni proposte c’è l’abolizione del pagamento dell’Imu sulla prima casa, l’inserimento di una franchigia tramite l’Isee e la conseguente rimodulazione del costo, e, infine l’introduzione di una tassa dei servizi, la tassa Ics, che assorbirebbe Imu e Tares insieme. Se sul da farsi il governo non trova l’accordo, e nemmeno la copertura finanziaria, intanto il rinvio dell’acconto Imu previsto per settembre al mese di dicembre sembra sempre più certo.

 

Se venisse scelta l’opzione dell’azzeramento della tassa sulla prima casa, il mancato gettito derivante ammonterebbe a 4 miliardi che dovrebbe essere compensato da aliquote progressivamente più alte su seconde, terze e quarte case. Insomma, una vera patrimoniale che sembra però inapplicabile perché stangherebbe chi fa del mattone una fonte primaria di investimento.

 

Veniamo ora alla seconda ipotesi, ovvero quella secondo la quale l’abolizione dell’Imu non sembra possibile, rimane sempre l’innalzamento della franchigia a 600 euro e la rimodulazione della tassa in funzione dell’Isee. Analizzando questa opzione, la franchigia (ossia la soglia sotto la quale non si paga) verrebbe innalzata progressivamente al reddito Isee suddiviso in quattro fasce, di 5 mila, 7.500, 15 mila euro e sopra 15 mila. Più è basso il reddito indicato dal riccometro e meno imposte si pagherebbero. Fino alla totale esenzione sotto i 5 mila euro. Una soluzione meno onerosa, che limiterebbe a 2 miliardi l’ammanco.

 

La terza ed ultima ipotesi è l’accorpamento di Imu e Tares in una nuova tassa, la cosiddetta Ics o service tax. A pagare questa nuova tassa sarebbero al 40% i proprietari dell’immobile, su una base imponibile data dalla rendita catastale. Rivista secondo valori più vicini a quelli di mercato se il Parlamento riuscirà a ingranare la quinta sulla delega fiscale che contiene la sospirata riforma del catasto. Sulla quota «immobiliare» della tassa si applicherebbero degli sconti tanto più alti quanto più largo è il nucleo familiare. Un altro 40% dell’imposta sarebbe composto dalla quota «smaltimento rifiuti» e un 20% da quella per i «servizi indivisibili», come l’illuminazione e la manutenzione stradale. Entrambe queste due quote sarebbero dovute da chi abita l’immobile, quindi se del caso dagli affittuari. Solo che per questo 60% della tassa Ics, pagherebbero maggiormente le famiglie numerose, all’insegna del principio «più consumi, più paghi», sancito anche da una direttiva europea.

 

Quel che è certo è che la scadenza per l’acconto Imu di settembre salterà in attesa delle decisioni del governo con molta probabilità di almeno un mese, per ripresentarsi al 16 ottobre. Ma l’acconto Imu potrebbe addirittura essere cancellato e nel dicembre 2013 i contribuenti si troveranno direttamente a saldare la tassa, qualunque forma essa assuma.