Le misure adottate dai Governi Berlusconi e Monti hanno imposto per l’anno in corso manovre correttive pari a 48,9 miliardi di euro: 40,2 di questi costituiscono nuove entrate, 8,7 sono riconducibili a tagli alla spesa pubblica. Se sul totale delle nuove entrate previste l’84,4% finirà nelle casse dell’Erario, in materia di  tagli, invece, la situazione si “ribalterà” completamente. Allo Stato centrale  sarà richiesta una riduzione netta della spesa pari al 20,1% del totale,  mentre agli altri livelli di governo spetteranno i sacrifici maggiori: una contrazione delle uscite pari al 79,9 %. Gli enti locali (ovvero Regioni, Province e Comuni), infatti, subiranno un taglio pari al 51,4% del totale della spesa prevista e gli enti previdenziali il rimanente 28,6%. In buona sostanza, se lo Stato raggiungerà nel 2013 il pareggio di bilancio grazie soprattutto ai risparmi provenienti dalla riforma previdenziale attuata dal Governo Monti, i livelli periferici di governo, vista la  difficile situazione di bilancio, dovranno, molto probabilmente, ritoccare all’insù le tasse locali, con un evidente appesantimento fiscale in capo ai contribuenti. Insomma, comprovato che la messa in sicurezza dei nostri conti  pubblici avverrà agendo quasi esclusivamente sulla leva fiscale erariale, i pochi tagli previsti ricadranno quasi tutti sulle spalle degli Enti locali e di quelli previdenziali. Con buona pace di chi attende l’arrivo del tanto agognato federalismo fiscale. E’ bene che tutti sappiano che, paradossalmente, a fronte di un risparmio dovuto ai tagli alla spesa statale, spesso  corrisponde un  aumento della tassazione. Quanto successo nella sanità è emblematico: a fronte di 2,2 miliardi di euro di tagli alle Regioni imposti dal Governo Monti, anche nel Veneto i cittadini hanno subito l’incremento delle addizionali regionali Irpef. Pertanto, lo Stato centrale ci ha guadagnato, perché ha risparmiato, la Regione – almeno in questo caso – ha pareggiato, perché a fronte di minori introiti provenienti dallo Stato è stata obbligata a ritoccare le addizionali colmando così i mancati trasferimenti, mentre gli unici che ci hanno rimesso sono stati i contribuenti che si trovano a pagare di più. Al di là di questa considerazione, sono convinto che solo con una spesa pubblica più contenuta sarà possibile ridurre strutturalmente le tasse, lasciando più soldi in tasca alle persone e alle imprese che potranno così rilanciare i consumi e gli investimenti. Il Governo Monti, dopo aver inasprito il livello  di tassazione con il decreto “salva Italia”, ha deciso in queste ultime settimane di metter mano alla cosiddetta “spending review”: ovvero alla riduzione della spesa pubblica improduttiva al fine di evitare l’ aumento di 2 punti dell’Iva previsto nel prossimo autunno. Come era prevedibile le proposte messe sul tavolo hanno scatenato la reazione di chi non vuole essere messo in discussione, con il risultato che corriamo il pericolo di non essere in grado di tagliare la spesa improduttiva e di ritrovarci, magari tra qualche mese, o con un ulteriore aumento dell’Iva o con la necessità di una nuova manovra correttiva che obbligherà gli Enti locali ad alzare le tasse locali. Le otto Regioni che l’anno prossimo, a fronte del mancato contenimento del disavanzo sanitario,  saranno costrette ad aumentare l’addizionale regionale Irpef  costituiscono un pericoloso precedente che rischia di “contagiare” la futura politica fiscale degli enti locali.