Istruzione e formazione sono strumenti essenziali per aumentare le possibilità di inserirsi nel mercato del lavoro. E’ quanto emerge dal rapporto annuale dell’OCSE dal titolo “Sguardi sull’educazione 2013”, documento che analizza i sistemi educativi dei 34 Paesi membri e ne rileva carenze e punti di forza.

 

In questo rapporto l’Italia compare come poco istruita, con professori mal pagati e, soprattutto, attempati. È una pagella piena di insufficienze quella che l’Ocse assegna alla scuola italiana, evidenziando l’austerità con cui fa i conti il nostro sistema scolastico da oltre 15 anni, che relega la Penisola a fondo classifica quanto a risorse per l’istruzione. Seppur l’Italia è l’unico Paese dell’area Ocse con una spesa per studente sostanzialmente ferma tra il 1995 e il 2010 (cresciuta di appena lo 0,5% in termini reali su 15 anni, contro una media che supera il 60%) ed un aumento del numero di alunni per docente, la scuola italiana continua a garantire performance stabili in materia di apprendimento.

 

Tra i nodi evidenziati nel rapporto vi è poi il basso numero di laureati: solo il 15% degli italiani tra i 25 e i 64 anni ha un’istruzione universitaria contro una media Ocse del 32%. Sebbene i tassi di ingresso agli studi superiori siano aumentati all’inizio del 2000, dati più recenti mostrano che l’aumento era soltanto temporaneo. I giovani intenzionati ad entrare all’università nel 2000 erano infatti saliti al 39% fino ad arrivare al 56% nel 2002, per poi ritornare al 48% nel 2011 (contro una media Ocse del 60%). Il calo, sottolinea l’Ocse, è probabilmente dovuto al fatto che in questa fase i giovani laureati trovano difficilmente un lavoro adeguato a livello di remunerazione.

 

Negli ultimi anni, peraltro, un’istruzione universitaria ha garantito un maggiore riparo dalla disoccupazione, aumentata in modo più contenuto per i laureati (+2,1%) rispetto ai gradi inferiori d’istruzione (+2,9% per i diplomati e +3,6% senza istruzione secondaria). Le donne hanno inoltre fatto progressi più rapidi degli uomini nella carriera scolastica: nella classe di età tra i 25 e i 34 anni una donna su 4 è laureata, mentre solo un uomo su 6 è allo stesso livello. Preoccupa la crescita del numero dei giovani che hanno gettato la spugna sia nei confronti della scuola che del lavoro: il 23% dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni non ha un’occupazione, né segue alcun percorso formativo.

 

L’Italia ha inoltre il corpo docente più anziano dei Paesi industrializzati (oltre il 60% dei professori è ultra-50enne) e negli ultimi anni un numero relativamente limitato di giovani adulti è stato assunto nella professione di insegnante. Sul fronte della retribuzione, i docenti italiani percepiscono salari inferiori rispetto alla maggior parte dei paesi Ocse. Tale differenza è limitata ad inizio carriera (29.418 dollari per un professore italiano, contro 31.348 di media dei 34 paesi membri), ma si amplia con l’avanzamento della carriera (36.928 dollari per un professore italiano con 15 anni di anzianità, contro 41,665 di media Ocse).