Ripresa moderata per l’Eurozona che proseguirà anche nella seconda parte del 2013 ma l’Italia è l’unico Paese del G7 ancora in recessione. E’ questa la cattiva notizia che giunge dall’Ocse, organizzazione che ne approfitta per mettere in guardia anche in merito ad un altro problema. In molte economie avanzate l’elevato livello di disoccupazione rischia di diventare strutturale anche in presenza della ripresa e questo può aumentare i rischi di tensioni sociali.

 

Venendo al nostro record negativo, nel 2013 il Pil dell’Italia si attesterà al -1,8% secondo le previsioni dell’Ocse. Nel quarto trimestre si contrarrà dello 0,3% e dello 0,4% nel terzo. Dal rapporto Ocse emerge che il nostro Paese è maglia nera tra le maggiori economie, visto che la Francia registrerà a fine anno una crescita dello 0,3% (+1,4% nel terzo trimestre, +1,6% nel quarto), la Germania dello 0,7% (+2,3% e +2,4%), la Gran Bretagna dell’1,5% (+3,7% e +3,2%), Usa +1,7% (+2,5% e +2,7%). Prosegue una moderata ripresa nelle economie avanzate nel secondo trimestre dell’anno con la crescita che dovrebbe mantenersi stabile nella seconda metà dell’anno. I miglioramenti maggiori per l’economia si stanno registrando negli Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna mentre l’Eurozona nel suo insieme non è più in recessione.

 

Tuttavia una ripresa sostenibile non è ancora consolidata e permangono rischi elevati in particolare per l’area euro. L’occupazione debole, la crescita lenta e i persistenti squilibri globali sottolineano la necessità di politiche strutturali, in aggiunta a quelle di sostegno della domanda, per creare posti di lavoro, aumentare la crescita, rendere più leggera la pressione fiscale e ridurre in modo permanente gli squilibri esterni. Alta disoccupazione e bassa crescita infatti possono portare ad aumentare le tensioni sociali nelle economie avanzate ed emergenti.

 

Tutto questo evidenzia la necessità di una politica macroeconomica che fornisca supporto sufficiente alla domanda, mentre sono intraprese le riforme necessarie. Secondo l’Ocse, le riforme istituzionali possono anche affrontare direttamente le ineguaglianze, come ad esempio migliorando l’accesso all’istruzione e l’orientamento ai trasferimenti per chi ne ha più bisogno. Infine, secondo l’organizzazione parigina, l’area euro rimane vulnerabile alle rinnovate tensioni finanziarie, bancarie e del debito sovrano. Molte banche non sono sufficientemente capitalizzate e gravate da cattivi prestiti.