In termini percentuali, la perdita di valore aggiunto (Pil) imputabile alla crisi economica è stata più decisa per la Puglia ed il Veneto (-12,3%), la Lombardia (-12,2%) e il Friuli Venezia Giulia (-12,1%). Male la situazione anche per la Sardegna e l’Umbria (-11,5%) e per la Campania (-11,1%). E’ questo il risultato emerso da un’ elaborazione redatta dalla CGIA di Mestre, che ha messo a confronto l’entità del valore aggiunto registrata nel 2010 in ogni Regione, con le previsioni fatte nel periodo in cui la crisi non era ancora scoppiata (luglio 2008).
“E’ indubbio che la crisi ha colpito soprattutto le Regioni dove è più diffuso il comparto manifatturiero – dichiara il direttore dell’Ufficio Studi Giuseppe Bortolussi: rispetto agli altri, infatti, il settore metalmeccanico, quello del tessile/abbigliamento, quello delle calzature e del legno hanno risentito della concorrenza internazionale dei paesi emergenti e della profonda trasformazione tecnologica che queste realtà produttive sono state costrette ad affrontare”.
Ritornando ai dati, le Regioni che meno delle altre, si fa per dire, hanno risentito della crisi, sono state la Toscana e le Marche (-8,3%), il Molise (-7,5%) ed il Trentino A.A. (-7,0%). In termini assoluti, invece, a subire la caduta del valore aggiunto più importante sono state, ovviamente, le regioni più ricche del Paese: Lombardia (-40,0 mld €), Veneto (-18,4 mld €) e Lazio (-15,3 mld €).