Nel Veneto in arrivo una ripresa senza lavoro
A pochi giorni dalla fine dell’anno credo sia utile fare un primo bilancio sulla situazione economica della nostra Regione, analizzando l’andamento di alcuni indicatori.
Per quanto concerne la ricchezza prodotta, per il secondo anno consecutivo è preceduta dal segno meno: nel 2013 la caduta si attesta all’1,8 per cento. Dopo quasi sei anni di crisi economica abbiamo bruciato 10 punti di Pil. Anche la situazione delle famiglie non è migliorata: quest’anno i consumi registrano un calo del 2,2 per cento, mentre gli investimenti pubblici e privati subiscono un ulteriore crollo del 5,7 per cento.
Sul fronte del mercato del lavoro la situazione è sempre più preoccupante. Quest’anno chiuderemo con un tasso di disoccupazione al 7,7 per cento, in crescita di oltre un punto percentuale rispetto al 2012. Si pensi che dall’inizio della crisi la disoccupazione nel Veneto è raddoppiata. Se nel 2007 i senza lavoro presenti in Veneto erano 73.000, adesso sono 176.000.
Fra tutti gli indicatori presi in esame, l’export è l’unico che presenta un segno positivo: rispetto al 2012 le nostre vendite all’estero sono aumentate dell’1,5 per cento.
Nonostante un quadro generale così pesante, pare di capire che il peggio è alle nostre spalle. Tutti gli istituti economici ci dicono che la ripresa è in atto e, molto probabilmente, si farà sentire anche nel Veneto.
L’anno prossimo il Pil dovrebbe ritornare a crescere e attestarsi attorno all’1 per cento. Anche i consumi e il reddito disponibile delle famiglie parrebbero destinate ad invertire il segno, così come gli investimenti e le esportazioni che dovrebbero aumentare, rispetto a quest’anno, rispettivamente dell’1,2 e del 3,6 per cento. Nonostante ciò, la disoccupazione è destinata a rimanere stabile e solo dal 2015 dovrebbe scendere al 7,1 per cento. Insomma, sebbene abbiamo cominciato a invertire la tendenza, questa ripresa è ancora troppo debole per aggredire con forza la disoccupazione che, purtroppo, rischia di rimanere stabile e su livelli preoccupanti.
L’ho detto più volte e lo ripeto ancora: questa è una crisi causata dal crollo della domanda interna. Se non rilanciamo i consumi difficilmente anche i nostri settori produttivi e commerciali saranno in grado di riprendersi e di creare nuovi posti di lavoro.
Chi oggi non vende o non produce più come un tempo, a seguito del calo degli acquisti registrato dal mercato interno, difficilmente è nelle condizioni di fare nuovi investimenti o di assumere del personale. Puoi offrirgli degli incentivi o ridurre il costo del lavoro dei neo assunti, ma difficilmente farà uso di questi strumenti. Sia chiaro: queste misure sono importantissime e la loro presenza va sempre salutata positivamente, ma non sono in grado di invertire la tendenza.
In questi ultimi anni le realtà imprenditoriali che sono riuscite a rimanere sul mercato hanno ridotto all’osso il personale, sperando che la tempesta perfetta che si è abbattuta su tutti noi si sposti altrove. Per fortuna a non far crollare il nostro Pil c’è l’export che, comunque, non è in grado di trainare fuori dalle secche della crisi una Regione che, come il resto del Paese, ha bisogno di ritrovare la fiducia e la propensione alla spesa dei propri consumatori.