La Banca Mondiale, in collaborazione con la società di consulenza PricewaterhouseCoopers, ha condotto una ricerca “Paying Taxes 2011”, dalla quale risulta che le imprese italiane sono le più vessate in Europa. Secondo tale studio, l’incidenza complessiva dei tributi e contributi sugli utili delle imprese italiane è del 68,6%, ben più alta della media europea pari al 47,8%. Su 183 paesi, occupiamo la 167^ posizione.

Viene poi denunciato l’elevato peso della burocrazia che sottrae agli imprenditori 285 ore di lavoro annue per sbrigare una mole di adempimenti divenuta ormai insostenibile.

Ma le cattive notizie non finiscono qui: chi vuole fare impresa in Italia si trova a combattere con un eccesso di burocrazia e difficoltà a negoziare con le banche per ottenere credito, senza parlare dei ritardi di pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione. Infatti i dati di “Intrum Justitia” del 2010 ci dicono che mentre in Italia, per incassare una fattura emessa verso la Pubblica Amministrazione occorrono almeno 86 giorni, in Francia ne bastano 22, nel Regno Unito 19 e in Germania addirittura 11.

Queste considerazioni trovano conferma nei risultati di un altro rapporto della Banca Mondiale “Doing Business 2011” che vede il nostro paese all’80° posto come difficoltà di fare impresa.

Si può arrivare ad analoghe conclusioni anche osservando che gli investitori internazionali non considerano l’Italia come un paese appetibile per i propri investimenti. Lo stock di investimenti diretti esteri (IDE) in entrata nel nostro paese è molto più basso della media mondiale; nel 2009 il rapporto degli IDE sul PIL è stato del 18,6%, contro il 51,7% del Regno Unito, il 45,9% della Spagna, il 42,8% della Francia e il 21% della Germania.

Ciò nonostante le nostre imprese non mollano e continuano a resistere: abbiamo un tasso di imprenditorialità tra i più elevati e questo contribuisce a mantenere un tasso di disoccupazione Italiano più basso di quello degli altri paesi, contemporaneamente continuano ad esportare come testimonia l’ISTAT che registra un aumento del 14,3%.

E questo avviene in un paese in cui quasi tutto è a loro avverso, dalla pressione fiscale ai ritardi di pagamento, dal peso della burocrazia alle carenze infrastrutturali.