Il redditometro presentato lo scorso 25 ottobre, per ora, è più uno strumento di orientamento dei contribuenti che non un vero e proprio strumento per fare accertamenti. E i dubbi sono ancora molti sugli indici che verranno utilizzati per la capacità contributiva, essi infatti non derivano da dati certi bensì da stime del Fisco.

I dati di spesa che  potranno mettere in allerta sono:

-quelli che vengono da scambi di dati tra banche dati pubbliche quali Inps, Pra, Siae, Comuni ecc.

-una serie di indici stimati che si fondano perlopiù su ricostruzioni statistiche.

 

Il redditometro avrà lo scopo di  determinazione del reddito e la sua analisi, al fine di segnalare anomalie, e il loro peso, rispetto a dei parametri di “normalità” predeterminati.

Ricordiamo che si basa su 7 categorie di riferimento, nelle quali rientrano beni e servizi e oltre 100 voci di spesa.

Le categorie del nuovo redditometro sono: abitazione, mezzi di trasporto, attività sportive e ricreative, istruzione, assicurazioni e contributi, investimenti immobiliari e mobiliari netti.

 

Ma quali sono le voci difficilmente determinabili in modo puntuale e che sono invece frutto di stime?

Ad esempio il reddito determinato dall’abitazione principale di proprietà. Il Fisco ne conosce il dato in rogito o solo quello di rendita.

Anche il riferimento al mutuo è stimato. Di solito, infatti, è conosciuto nel suo totale e non in relazione all’ammortamento.

Altra stima sono gli  arredi, a meno che questi non si limitino a quelli obbligatori da comunicare al Fisco durante l’acquisto.

Sicuramente l’auto e il valore da attribuirle annualmente come componente reddituale.

Questi sono solo alcuni esempi delle stime, ma ce ne sono molti altri. Tutte queste stime assieme fanno sì che il risultato che si otterrà a livello individuale  non sarà mai ottimale. Il contribuente sarà invece interessato a decidere se la soglia di proposta sia o non sia in linea con la propria situazione.