Sul tavolo del Governo arriverà presto una nuova riforma delle pensioni – o controriforma, visto che per buona parte cancellerà le novità introdotte dall’ex Ministro Elsa Fornero. La principale novità della riforma sarà la possibilità di lasciare il lavoro prima dei 66 anni. Per chi ha raggiunto la fatidica quota 97 (62 anni d’età e 35 di contributi) potrà decidere di andare in pensione anticipatamente, subendo una decurtazione dell’8% all’assegno mensile. La decurtazione sarà inversamente proporzionale all’età a cui si decide di lasciare il lavoro: 8% se si va in pensione a 62 anni, 6% a 63 anni, 4% a 64 anni, 2% a 65 anni. Se invece si vuole restare al lavoro oltre i 66 anni, sarà prevista una maggiorazione annuale.

 

Il meccanismo di incentivi e penalizzazioni mette d’accordo tutti, ma il principale ostacolo per l’approvazione sarà la copertura finanziaria. I tecnici del Ministero hanno fatto notare che questo meccanismo potrebbe non compensarsi e, in questo caso, bisognerà intervenire con decurtazioni più alte. Altro punto del contendere sarà la scelta di mantenere o meno, per i lavoratori e le lavoratrici con 41 anni di contributi, la possibilità di andare in pensione a prescindere dall’anzianità anagrafica.

 

Il tutto andrà amalgamato con gli altri punti della riforma, e cioè una nuova versione del “contributo di solidarietà” per le pensioni d’oro dopo la bocciatura da parte della Corte Costituzionale di quello a suo tempo previsto da Monti. L’altro punto è poi la “staffetta generazionale“, fortemente sponsorizzata dal Ministro del Lavoro Giovannini e che prevede il part-time per i lavoratori anziani per permettere ai giovani di entrare in azienda.