Gli stipendi del mese di settembre sono risultati fermi rispetto al mese di agosto mentre hanno registrato un incremento del 1,4 per cento su base annua. A rilevarlo è l’Istat il quale sostiene che la forbice tra l’aumento annuo delle retribuzioni e la crescita dei prezzi (0,9%) non era mai stata così larga, a vantaggio dei salari, dall’agosto 2010, grazie però esclusivamente alla frenata dell’inflazione.
Ecco, dunque, spiegata questa crescita delle retribuzioni, la più alta da oltre tre anni. L’aumento sarebbe dovuto al crollo dei prezzi, sui cui ha pesato la crisi, e non al rialzo degli stipendi, che si mantengono su livelli bassi, vicino ai minimi.
Anche considerando i primi nove mesi del 2013 il rialzo tendenziale delle retribuzioni non supera in media l’1,4%. Guardando ai principali macro-comparti, spiega l’Istat, a settembre le retribuzioni contrattuali orarie segnano un incremento tendenziale dell’1,8% per i dipendenti del settore privato, mentre restano ferme per quelli della pubblica amministrazione.
Nel dettaglio, i settori che presentano gli aumenti annui maggiori sono: alimentari bevande e tabacco (4,4%), agricoltura (3,7%) e telecomunicazioni (2,5%). Invece si registrano variazioni nulle in tutti i comparti della pubblica amministrazione. Sempre a settembre, tra i contratti monitorati dall’indagine è stato recepito un solo accordo mentre nessuno è scaduto. L’attesa del rinnovo per i lavoratori con il contratto scaduto supera ancora i due anni, risultando in media pari a 28,7 mesi.