Scelte le tre regioni che faranno da punto di riferimento per tutte le altre: Veneto, Emilia Romagna ed Umbria. Dopo due mesi di lavoro, finalmente si è giunti al passo decisivo per la corsa all’allineamento dei costi e dei servizi sanitari in Italia.

 

Tra le regioni nella rosa iniziale c’erano anche Lombardia e Marche, ma la conferenza delle regioni ha dovuto sceglierne tre che dovranno stabilire i livelli di costi standard a cui tendere per erogare servizi sanitari ai cittadini e quale debba essere la qualità dell’assistenza.

 

Giovedì prossimo si dovrebbe dunque procedere alla suddivisione del fondo sanitario nazionale (quasi 110 miliardi) tra le varie Regioni e stabilire i parametri con cui far rientrare quelle più indebitate. Naturalmente siamo ben lontani dal poter dire che il prossimo anno le famose siringhe costeranno la stessa cifra in tutte le Asl (bisognerà procedere con le tariffe standard e le centrali uniche di acquisto), ma almeno si potrà misurare lo standard ragionevole, che prima non era misurabile.

 

Il ministro della Salute Lorenzin afferma che verranno assicurati 2-3 miliardi di minori costi nella sanità. Risparmi che il governatore del Veneto, Zaia, fa lievitare a 30 miliardi. La partenza dei costi standard, spega la Lorenzin, significherà poter ripartire con maggiore forza con il Patto per la salute per riprogrammare il Servizio sanitario nazionale valorizzando maggiormente i Lea, i livelli essenziali di assistenza, che hanno sofferto in questi anni.

 

Con i costi standard, dichiara soddisfatto il titolare degli Affari regionali, Graziano Delrio, riparte anche il federalismo, che deve significare autonomia e responsabilità, e che finora è stato attuato con poca costanza. Non si tratta di una graduatoria ma di un parametro in grado di assicurare la qualità della spesa sanitaria, spiega il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.